Rifiutopoli, Venturoni: «Mai preso un centesimo nella vicenda Team»

TERAMO – Bisognerà attendere ancora per conoscere il verdetto del Tribunale di Pescara, che era atteso per oggi, sulla cosiddetta "Rifiutopoli abruzzese", nato da un’inchiesta del 2008 e incentrato sulle vicende relative alla realizzazione di un impianto di bioessiccazione a Teramo, e che conta tra gli imputati l’ex assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio. Il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano, infatti, anche lui imputato nel procedimento, tramite il suo legale, l’avvocato Massimo Cirulli, ha ricusato uno dei componenti del collegio pescarese, il giudice Francesco Marino, e quindi non è possibile emettere la sentenza fino a quando la Corte d’Appello non si pronuncerà sulla questione. Intanto, prima del rinvio, l’udienza è stata caratterizzata dalle dichiarazioni spontanee dell’ex assessore regionale Lanfranco Venturoni che ha voluto ribadire che il suo «unico scopo era quello di risolvere i problemi e può darsi che il linguaggio da me adoperato nelle varie occasioni non sia stato adeguato. Mai ho inteso difendere gli interessi di Di Zio contro quelli della società che rappresentavo. Nego con forza di aver ricevuto la benché minima utilità dai predetti o da chiunque altro, così come nego di aver distratto beni dalla Team Spa. Ho solo portato avanti iniziative e soluzioni volute da tutti, tentando di mantenere rapporti corretti nell’ambito delle necessarie trattative. L’interesse pubblico per me viene prima di tutto».
Nisii: «Venturoni non ha mai preso un centesimo da questa vicenda». L’avvocato di Venturoni, Lino Nisi, ha ribadito l’estraneità del suo assistito ai fatti contestati."È un’anomalia che Venturoni si trovi a rispondere di reati in concorso con persone che non appartengono più a questo processo – ha rimarcato Nisii -. Assistiamo ad una visione antropomorfica da parte dei pubblico ministero, in base alla quale Venturoni avrebbe fatto tutto da solo». L’avvocato della difesa inoltre ha aggiunto: «Sono state svolte indagini sulle posizioni economiche di tutti i familiari di Venturoni, perfino su una lontana parente di Vasto e tutte hanno dato esito negativo. Potranno essere stati commessi errori, ma non si potrà mai dire che Venturoni abbia preso un centesimo per questa vicenda».
Perchè Di Stefano ha ricusato il giudice. Spetterà dunque alla Corte d’Appello esprimersi in merito all’istanza di ricusazione, che verte sul fatto che Marino, in passato, aveva presieduto il collegio giudicante del tribunale di Lanciano, nell’ambito del procedimento a cui erano stati sottoposti gli ex amministratori del Consorzio comprensoriale per lo smaltimento dei rifiuti di Lanciano. Tale procedimento aveva messo sotto esame una serie di passaggi relativi alla cessazione e alla sostituzione dell’ex presidente e degli altri componenti del Cda del Consorzio, ed è culminato con una sentenza di assoluzione lo scorso 15 aprile. Una vicenda che si intreccia con il processo pescarese, nel quale Di Stefano è accusato "di avere indotto l’ex assessore regionale Daniela Stati a proporre l’illegittimo commissariamento del Consorzio, così da esautorare il presidente Riccardo La Morgia ed impedirgli la discussione prevista dall’ordine del giorno dell’assemblea in merito alla revisione, in senso meno favorevole alla concessionaria, della tariffa corrisposta dagli enti locali consorziati alla Ecologica Sangro, controllata dalla Deco Spa». La sentenza di assoluzione emessa dal tribunale di Lanciano, che ha visto il giudice Marino anche nelle vesti di estensore delle motivazioni, a giudizio di Di Stefano e dei suoi legali Massimo Cirulli e Peppino Polidori, "non potrà che condizionare il dottor Marino nel processo pescarese, alla luce della valutazione circa il rinnovo del Cda del Consorzio", che rientra nei fatti contestati a Di Stefano.
I pm hanno chiesto 5 anni di condanna per Venturoni e Rodolfo Di Zio. Nella scorsa udienza i pm Gennaro Varone e Anna Rita Mantini avevano chiesto cinque di reclusione a testa per l’ex assessore regionale Lanfranco Venturoni e per l’imprenditore Rodolfo Di Zio, un anno e sei mesi per Fabrizio Di Stefano, assoluzione per non aver commesso il fatto per l’imprenditore Ferdinando Ettore Di Zio, assoluzione perché il fatto non costituisce reato per l’ex amministratore delegato della società Team, Vittorio Cardarella e una multa di 100mila euro per la società Deco del gruppo Di Zio. Le accuse, a vario titolo, sono corruzione, istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio, peculato, turbativa d’asta e millantato credito.